giovedì 28 marzo 2024

 

La nuova frontiera dell'alimentazione sostenibile, salutare ed etica: La dieta ariatariana

Negli ultimi anni filosofi, sociologi, medici, nutrizionisti, terrapiattisti, piastrellisti e mattonatori si sono interrogati per trovare una soluzione all'annoso problema della conciliazione tra una alimentazione sana e completa ed al contempo sostenibile ed eticamente accettabile. 

Se è vero che nel corso degli ultimi due decenni è andata aumentando la sensibilità rispetto a crudeli ed amorali metodi di allevamento intensivo, che portano con sé conseguenze nefaste anche sulla qualità e salubrità del cibo che ne viene prodotto, ultimamente si fa strada l'idea che non solo dal ricorso a risorse derivanti dall'eccidio indiscriminato di animali e dal loro sfruttamento deriva la nostra colpa, ma si estende anche verso tutte quelle forme di vita che animali non sono. 

Così ecco comparire i primi afflati di empatia verso quel cespo di lattuga violentemente strappato all'affetto dei suoi cari e di quel tubero stroncato in giovane età che aveva già programmato una vita piena di soddisfazioni e prole con quella giovane patata della porta accanto.

Da qui la geniale intuizione! Nasce, finalmente, la dieta ariatariana

Siamo tutti consapevoli che solo un'esigua quantità di ossigeno è necessaria alla nostra respirazione ad ogni nostra inspirazione? Che ne è della restante aria, composta solo in piccola parte di ossigeno, e pregna di altri elementi ricchi di varietà, gusto ed efficacia, come azoto, argon e anidride carbonica? 

Ecco dunque la soluzione! Elementi che ci circondano in quantità spropositata che potrebbero finalmente sopperire alla nostra necessità di nutrimento senza contraccolpi etici, in quanto privi di vita.

Mai più lo sterminio di innocenti broccoli, lo strazio di fagioli, l'eccidio di piselli (quelli verdi). 

La dieta ariatariana è la risposta a tutti i nostri dubbi morali, al nostro conflitto interno, al dramma di dover scegliere ogni volta che ci nutriamo se perpetrare la nostra esistenza ponendo fine alla vita di un germoglio!

Eppure era lì, davanti ai nostri occhi, e, come spesso accade, non ce ne eravamo mai accorti.

"Cosa ne sarà della cultura eno-gastronomica, dunque?" direte voi miei piccoli amici (Collodi perdonali, perché non sanno quello che dicono).

Pensate a quante nuove leccornie potremo inventare, quante vincenti novità all'orizzonte dell'industria culinaria e dello Show Business televisivo di Masterchef!

Il "cuoppo di aria fritta", la "spuma di aerosol al profumo di ozono", "aerofiterol con panna di argon", il tutto innaffiato da un buon calice di bollicine (e basta)!

Ulteriori studi hanno dimostrato che le poderose flautolenze che deriverebbero da questo nuovo ed innovativo regime alimentare possano essere inodori, non inquinanti e depurative per l'intestino.

Senza indugi, si proceda! La dieta ariatariana è il futuro!

mercoledì 13 marzo 2024


Il "caso Banksy" ed il dilemma tra la coscienza artistica, l'anonimato ed il diritto

Oggi vorrei condividere qualche mia riflessione scaturita dalla lettura di questo articolo sul "caso Banksy" e, più in generale, sul rischio che comporta per questo artista la scelta dell'anonimato, che ha aperto un capitolo tutto nuovo nel dibattito sul diritto d'autore e sul ruolo del messaggio originale di un'opera.

Per prima cosa mi ha colpito realizzare, una volta di più, come probabilmente le ragioni del diritto e quelle della ragione (o della morale, se si può ancora definire oggi una morale comune) non vadano decisamente a braccetto.

Da una parte c'è una dichiarata intenzione, nelle scelte di Banksy e, in generale, nel movimento originario della Street Art, di contrasto alle convenzioni e alla concezione commerciale dell'arte.

Come spesso rimarcato anche da altri street artist, come ad esempio Diavù, all'origine della street art c'è la condivisione di opere principalmente con tutti, con la finalità principale di veicolare un messaggio, spesso origine anche di contrasto con il "Sistema", per veicolare il quale gli artisti stessi si espongono a rischi, dal momento che le loro opere sono realizzate con metodi ai margini della legalità, visto che vengono eseguite su supporti pubblici o privati senza il consenso dello stato (per ciò che è di demanio pubblico) o del proprietario (per ciò che è proprietà privata).

Questo processo avviene nella consapevolezza che l'opera è realizzata per veicolare un messaggio a più gente possibile in modo immediato ed inaspettato e non ha finalità di durata e conservazione. 

Per sua natura la Street Art nasce "effimera", perché in un "murale" c'è insito il concetto che l'opera stessa potrà in qualsiasi momento essere cancellata, distrutta, vandalizzata o anche nascosta dalla sovrapposizione di una altro murale diverso, magari realizzato da un altro street artist.

La natura stessa di un atto artistico di per sé formalmente illegale porta con sé intrinsecamente la possibilità che l'artista rimanga anonimo. Che sia riconoscibile con un alias che ne celi identità. Questo è proprio il caso di Banksy che, tra l'altro, al suo anonimato deve anche gran parte della sua popolarità.

Benché fin dai tempi di "Love is in the Bin" sia chiara la piena adesione al modello di obsolescenza urbana della street art nell'idea dell'autore, le sue opere sono comunque diventate oggetto di speculazione economica suo malgrado, tanto da spingerlo a creare una società che lo rappresenti per registrare un "marchio". Il ché per uno che ha sempre criticato il sistema e rinnegato il "copyright" suona come un controsenso, ma, paradossalmente, deve essere sembrata l'unica soluzione per arginare la speculazione economica sulle sue opere.

Cosa che, ormai si è capito, costringe l'artista ad operare una scelta. 

Rinunciare al proprio anonimato oppure rassegnarsi al fatto di non poter tutelare le proprie opere dall'utilizzo commerciale da parte di soggetti terzi che ne entrino in possesso. Questo perché, per la legge, se resti anonimo non puoi rivendicare la paternità di un'opera e, quindi, non puoi neanche impedire che chi ne entri in possesso, a prescindere dal metodo, possa sfruttarla commercialmente.

Insomma, anche se è certa la volontà dell'artista, non si è tenuti a rispettarla perché l'artista non può rivendicarla in forma anonima. Il diritto contro la ragione.

Mi chiedo, senza avere una risposta, se in tempi in cui la titolarità effettiva di opere letterarie e figurative sono messe in pericolo dal crescente utilizzo di AI generative, questo non sia un ulteriore passo verso un mondo che tende ad affermare sempre di più le ragioni di chi sfrutta senza merito l'opera altrui rispetto a quelle del suo effettivo autore e se le ragioni interpretative del messaggio di un'opera artistica da parte dei suoi fruitori non rischino in qualche misura di stravolgere il messaggio stesso dell'opera snaturandolo del tutto.

Spero che la mia sensazione sia sbagliata.

A presto.




venerdì 1 marzo 2024


Gundam 0080 - La Guerra in tasca


E' un po' che manco dal mio blog, ma ho sentito il bisogno di tornare dopo qualche anno per scrivere un po' tutto quello che mi passa per la testa, fuori dal guazzabuglio social.

L'occasione me l'ha data la decisione di rivedere, giorni fa, la mini-serie OAV del 1989 "Gundam 0080, La guerra in tasca".

Ricordo che, all'epoca, era difficile per me sia star dietro sia reperire le uscite OAV, che all'epoca erano ancora in VHS e quasi introvabili. Per questo motivo non ebbi l'occasione di vederlo allora, ma anche perché avevo letto in giro l'abstract della serie, che di per sè, non mi aveva entusiasmato (una trama che parlava di un ragazzino a scuola durante la "Guerra di un Anno" della saga era apparsa alla mia testa da 18enne immatura e non degna di nota).

In realtà non avevo capito niente. Non avevo compreso quanto interessante fosse l'idea di vedere con gli occhi di un ragazzino in una colonia neutrale gli eventi che avrebbero portato alla conclusione della "Guerra di un Anno", con tutte le implicazioni del caso. Ma solo il fatto di una serie in cui Amuro (che per me era ancora Peter Rei) e Char non comparivano nemmeno mi aveva decisamente depistato e condizionato.

A riguardarla adesso, invece, "La guerra in tasca" si è dimostrata essere una delle serie più interessanti del ciclo "Universal Century", se non forse la più interessante (forse solo un gradino sotto a "Gundam, le Origini", la serie OAV che preferisco in assoluto, ma si deve considerare che questo OAV è stato prodotto nel 2015, non nel  1989).

Per l'epoca, in realtà, la trama de "La guerra in tasca" è decisamente inusuale, direi quasi rivoluzionaria, perché mostra senza filtri come la guerra venga raccontata ai popoli sotto forma di mito, nascondendone consapevolmente gli orrori più profondi. 

Il protagonista, Alfred, sperimenterà suo malgrado gli orrori della guerra affiancando Bernie, il giovane ed inesperto pilota di Zeon che incontra mentre va a curiosare tra i rottami del suo Zaku abbattuto.

All'inizio Bernie sfrutta l'ingenuità di quel ragazzino rendendolo la pedina di un gioco pericoloso dal quale però, il pilota di Zeon non uscirà vivo, ucciso in battaglia da un'amica di infanzia di Alfred, ora pilota di un Gundam per la Federazione.

Alfred dovrà rendersi conto che alla fine i soldati, come tutti, sono solo persone e che la loro sofferenza e la loro morte per una causa non ha mai molto senso.

Emblematica è la scena finale, in cui i suoi amici di scuola, con i quali abitualmente collezionava oggetti che testimoniassero la guerra in corso (bossoli, mostrine militari, rottami, ecc.) cercano di rassicurarlo vedendolo in lacrime a guerra terminata, dicendogli di non preoccuparsi, che tanto presto arriverà qualche nuova guerra!

Insomma, questa serie induce a molte riflessioni e mi ha piacevolmente stupito.