giovedì 16 gennaio 2020

Bambini colle pistole 

(è solo un'ingenua provocazione)


Premessa: Sono vecchio. Come ha ben spiegato Michele Serra nelle sue conclusioni al termine di quel suo romanzo, "gli sdraiati", il futuro non appartiene a quelli della mi a età.

Detto questo, mi sono sorpreso negli scorsi giorni ad interrogarmi su cosa sia il talento nel mondo della comunicazione fluida dell'era del Social Media Marketing, senza trovare tuttavia una risposta convincente o efficace.

Per chi se lo stesse chiedendo, sto parlando di fumetti.

Si fa un gran chiasso in rete su cosa sia un buon fumetto, oggi, su cosa funzioni, sul fatto che il fumetto sia o no un media in crisi. 

E', ovviamente, in profonda crisi. 

Non perchè lo dica io, che non conto niente, ma perchè lo dicono i numeri. In una vecchia intervista, se non ricordo male, mi pare che Sergio Bonelli affermò che considerava un titolo con 20.000 copie di venduto un fallimento e profetizzò, sempre se non ricordo male, che a fronte di quanto stava accadendo con Internet e nuovi media, il Fumetto a parer suo sarebbe diventato in un certo momento un mezzo di intrattenimento di nicchia. 

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Estratto da un'intervista a Sergio Bonelli del 2011:

"Qual è la sua opinione sulla situazione generale del mercato fumettistico attuale?
Sarebbe ingiusto dire che c’è la crisi perchè voi ragazzi non leggete: capisco l’importanza che hanno altri interessi rispetto ai fumetti. Può anche darsi che noi non riusciamo a capire il pubblico e a dargli quello che si aspetta da noi. Quando io faccio un albo nuovo e del primo numero vendo tante copie, la cosa mi lusinga perché è bello avere delle persone che ti danno credito. Esce il primo albo e voi mi date il privilegio, l’onore, di leggerlo, il primo. Però se dal secondo in poi lo mollate, io non posso far finta di niente: posso pensare che oggi i nostri autori non sono in grado di darvi il prodotto che vorreste. Può darsi che voi siate ormai irraggiungibili, se non nelle piccole nicchie, che oggi il pubblico pretenda delle cose ben precise. Può darsi che il futuro sia quello di dimenticarci dei grandissimi numeri di una volta, come già stiamo facendo, e di indirizzarci a delle piccole nicchie di lettori che hanno degli interessi specifici, non globali come il western, che poteva andar bene a tutti. Un po’ come succede con le riviste specializzate. Questo porterebbe a dei grandissimi cambiamenti, anche dal punto di vista organizzativo. Può darsi che non siamo proprio in grado di dare un prodotto della qualità richiesta, non perché chi scrive e disegna oggi sia più scalcinato di chi lavorava trent’anni fa: può darsi che chi scrive oggi, che è sicuramente più colto ed informato chi scriveva trent’anni fa, non sia in coincidenza con le aspettative del lettore. Può darsi che i lettori siano talmente preparati, oggi, che pretendono talmente tanto che noi non siamo in grado di darglielo.
"

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Direi che 

      1. Aveva ragione 

                  e 

      2. il momento è arrivato

 

Oggi un albo a fumetti seriale (o, come ormai è usuale, una miniserie) che vende un paio di decine di migliaia di copie è, non dico un successo, ma un qualcosa che sopravvive. I numeri veri li fanno solo alcuni, rari, volumi o libri di racconti autoconclusivi (ormai a sproposito da tutti etichettati come "graphic novel" solo in quanto fumetti editi in forma autoconclusiva e stampati in un cartonato) di pochi, pochissimi noti, mentre il resto degli operatori arranca.

Gli editori, loro, gli autori non li propongono più, ma li "intercettano". 

Un talentuoso fumettista si apre un blog, disegna bene e magari ha qualcosa da raccontare, in alcuni casi non racconta neanche un granchè, ma... ma se compaiono 100.000 ditini all'insù il gioco è fatto.

L'editore oculato lo sa. Per lui 100.000 pollici in su equivalgono a 100.000 lettori paganti. A fronte di questo colossale inganno, offriranno il contratto all'autore (che già è diventato celebre per conto suo) minimizzando, apparentemente, il rischio.

Così ci troviamo fra le mani volumi di cloni di One Piece con bambini crestati colle pistole in mano che attraversano deserti rocciosi in luoghi senza tempo in space-western banali, triti e ritriti.

Oppure altri disegnati male con testi a monosillabi e battute da bambino di 10 anni il cui autore diventa la nuova promessa del futuro, l'autore che risolleverà le sorti persino di Topolino che, pure lui, comincia ad arrancare.

Magari chi ha il talento, quello vero, se prova a pubblicare storie più articolate e complesse su un blog o su una pagina Facebook, nessuno lo filerà mai perchè i Social Media e la complessità, diciamocelo, non vanno d'accordo.

Fumetti e Libri sono in crisi e noi, i vecchi, ce la prendiamo non con la vera causa, ma con gli strumenti di distribuzione, come Amazon, ad esempio, che per la prima volta intacca lo strapotere di Promotori Librari e Distributori monolitici che hanno sempre fatto cartello ed imposto costi e diffusione secondo le loro regole. Cosa che, invece, potrebbe essere un'occasione per migliorare il mercato.

Il problema vero, la causa, è che per cercare di catturare lettori nuovi i nuovi autori che vengono proposti sono quelli che producono cose semplici, immediate e... banali.

Ma il Fumetto, la Narrativa, non possono sopravvivere se si trasformano in cose banali. Semplicemente occorre accettare l'ineluttabile realtà. Libri e Fumetti sono diventati un media di nicchia, proviamo a ridimensionare il mercato secondo i nuovi numeri. 

Più bassi. 

Aveva ragione il povero Sergio Bonelli.

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